Inauguriamo una nuova rubrica con il racconto di un progetto estremamente ambizioso, mai realizzato (o non in questo “universo”)
Taranto ha nel suo ponte girevole uno dei punti di riferimento principali. Intitolato a San Francesco di Paola, per tutti noi è un vero e proprio simbolo della città: quando è “aperto”, è simbolo del legame con la Marina Militare; quando è “chiuso”, è simbolo di un legame fra tante epoche storiche diverse.
Con la nuova base navale l’apertura è sempre più rara, ma per più di un secolo i tarantini sono stati abituati a salutare i marinai al passaggio delle grandi navi: un’immagine che oggi può apparire romantica, ma che senz’altro lascia trasparire l’ansia delle famiglie di migliaia di ragazzi in partenza. In questi anni si progetta una grande opera di manutenzione dell’attuale ponte, ma, se fosse stato realizzato un progetto del secondo dopoguerra, forse oggi sul canale navigabile non esisterebbe alcun ponte o probabilmente sarebbe molto diverso da quello che conosciamo.
Questo disegno che fu depositato è davvero strabiliante e sembra perfetto per inaugurare questa piccola rubrica, in cui si proverà a raccontare idee e piani mai realizzati fino in fondo, ma che avrebbero totalmente cambiato il volto della città. Di volta in volta sarà difficile stabilire cosa sarebbe stato meglio e cosa peggio e quindi di solito non troverete esplicitati giudizi di merito, ma sarà lasciata libera interpretazione ai lettori. Qui ci saranno piccole pillole di storia, ma anche racconti provenienti da “universi alternativi”. Viaggeremo infatti fra realtà e fantasia.
Un ponte girevole, tante storie
Tutti sappiamo che, alla fine dell’Ottocento, Taranto fu scelta come base strategica per un Regno d’Italia ancora giovane. La città era geograficamente centrale nel Mar Mediterraneo, ma allo stesso tempo non troppo esposta ad attacchi nemici, ancor di più se consideriamo la conformazione dei suoi due mari. Così la Regia Marina impiantò il grande arsenale e la base navale sul Mar Piccolo. Dove c’era il fossato davanti al Castello Aragonese si scavò ulteriormente per creare l’attuale canale navigabile e nel 1887 fu completato anche il primo ponte girevole, proprio per permettere il passaggio delle grandi navi. Si trattava di un’opera ingegneristicamente molto avanzata, progettata dall’azienda dell’ingegner Alfredo Cottrau, che aveva ben presente il modello del ponte già esistente a Brest. (Cottrau era stato interpellato in quegli anni dal governo italiano anche per la realizzazione di un’altra opera importante, di cui si discute ancora oggi: il ponte sullo stretto di Messina!)
Fu così che “definitivamente” si trasformò in un’isola quell’area dove anticamente era situata l’acropoli, ma dove successivamente si era concentrata la vita cittadina, almeno dalla ricostruzione bizantina del 967. Una legge, infatti, aveva vietato per secoli l’edificazione al di fuori delle mura. Al momento dell’inaugurazione del ponte, quella legge ormai non era più in vigore e, anzi, le mura stesse erano state quasi totalmente abbattute. Era già nato il borgo umbertino, ordinato a scacchiera, che agli occhi dei tarantini era diventato la “città nuova”, molto diversa dalla “città vecchia” allora sovraffollata. Come sappiamo, si è aperto, in tempi recenti, un dibattito vivace su quali siano le denominazioni dei luoghi più opportune. Sicuramente, però, questo racconto è la ragione per cui si diceva all’inizio che gli 89 metri di lunghezza del ponte “chiuso” rappresentano un simbolo di unione fra le epoche.
Per quanto riguarda il ponte “aperto”, è sempre da quel momento che la storia tarantina si intrecciò totalmente con la storia militare dell’Italia. La Marina ancora oggi coordina il transito delle imbarcazioni che, allineandosi sfruttando le segnalazioni dei due fari, attraversano il canale. Tutta la rada di Mar Grande divenne un riparo dalle minacce esterne. Anche se purtroppo questo non ha evitato che alcuni eventi tragici raggiungessero la città durante le guerre mondiali, possiamo dire che il mare di Taranto è ben protetto dal Capo San Vito e dalle Isole Cheradi.
Il nome di questo blog non è casuale. Le isole rappresentano infatti un punto di vista straordinario: esattamente come la Marina, noi osserveremo gli eventi che accadono fra i due mari, ma cercando di allargare sempre i nostri orizzonti verso l’esterno, verso il mare aperto. Posizionandoci (metaforicamente) sulle isole di San Pietro e San Paolo, proveremo a scattare istantanee a 360 gradi, sperando di non trovare nebbia e che le immagini prodotte possano essere abbastanza nitide.
Il sottopasso di Calza Bini
Ora torniamo al nostro ponte. Dopo alcuni decenni di utilizzo intenso, si iniziò a discutere della necessità di sostituirlo. Nel frattempo, la città era cambiata e si era espansa incredibilmente; il mondo era cambiato: automobili, moto e furgoni circolavano dappertutto. L’Architetto Calza Bini, incaricato di redigere un nuovo piano regolatore della città, si imbatté nella questione “ponte”. Per poter gestire l’enorme traffico già esistente all’epoca, ma soprattutto prevedendo un enorme crescita ulteriore della popolazione e dei veicoli in circolazione nei decenni successivi, presentò nel nuovo piano la sua proposta: un sottopasso.
Era il 1951. Il ponte quasi gemello di Brest era andato distrutto durante il secondo conflitto mondiale e nel 1954 venne sostituito da un nuovo ponte (quello attuale), questa volta non girevole. A Taranto, Punta Penna e Punta Pizzone non erano ancora legate dall’attuale ponte e Calza Bini non considerò questa opzione di costruzione nel suo piano. Del resto, non esisteva ancora neanche il siderurgico. Allo stesso modo, però, l’architetto scartò anche l’ipotesi di un nuovo ponte girevole.
Così sottopose alla città il suo progetto: un tunnel che da Piazza Garibaldi giungesse fino a via Garibaldi, all’altezza di San Giuseppe. Ciò ovviamente avrebbe implicato la necessità di scavi ben al di sotto del canale navigabile stesso. Facendo una considerazione un po’ scherzosa, possiamo dire che sicuramente, se il sottopasso fosse stato realizzato, le due intitolazioni che a Taranto rendono memoria all’eroe dei due mondi Giuseppe Garibaldi sarebbero oggi più strettamente connesse.
Il piano regolatore di Calza Bini venne poi adottato dal Comune di Taranto: nella sua versione definitiva, prevedeva tanti altri elementi di sviluppo molto diversi dall’effettiva urbanistica dei decenni successivi. Queste, però, sono altre storie, che probabilmente in futuro troveranno spazio in questa rubrica. Per quanto riguarda il tunnel, la proposta venne rigettata: nel 1958, un nuovo ponte girevole venne inaugurato dal Presidente della Repubblica, con una grande cerimonia. Ancora una volta, il momento di inaugurazione del ponte si legò ad una fase di grandi cambiamenti. Di lì a pochi anni, il tessuto produttivo, economico e sociale di Taranto sarebbe cambiato profondamente. Anche questa, però, è un’altra storia: la nostra storia.
Per vedere i disegni del sottopasso del canale clicca qui e qui.
Molto interessante. Ho imparato cose che non sapevo. In realtà mi piace moltissimo l’idea di voler osservare Taranto da un punto di vista nuovo, allo stesso tempo esterno e interno alla città, come quello delle Cheradi. Potrebbe portare a galla grandi spunti di riflessione. Ottimo articolo!
Grazie mille! Spero che possa davvero iniziare un bel percorso