Qui la Cultura si confonde spesso con l’apparire. Eppure, un tempo non era così
Nati a Taranto. Spesso dimenticati da Taranto. Seppelliti forse come solo da queste parti si fa con la Storia. Quella bella, quella che riannoda alle radici, che conosce le origini. Eppure, accantonata quasi fosse una vergogna. Altrove chi poca Storia possiede, se la inventa. E se capace, la esalta ed economizza. Qualcuno, un tempo, profetizzò che “la bellezza salverà il mondo”. Chissà se Dostoevskij conosceva Taranto, ma rubare il significato di quella frase qui diventerebbe leva per un futuro differente.
Taranto è una Storia importante, ultramillenaria, fatta di gloria e di cadute rovinose, di personaggi celebri e di fatti d’ogni tipo. Eppure, fatica non poco a inorgoglirsi e rispolverare il suo illustre passato. Il secolo scorso, specie gli ultimi decenni, è stato avaro e soprattutto velenoso: un diffusore di falso benessere e di vero malessere. Spunti cresciuti a fine ‘800, quando l’industria militare spazzò via la coscienza scolpita per scambiarla con pane e lavoro. Quel che è accaduto dopo è tuttora sotto gli occhi di tutti. Taranto industriale contro Taranto e la sua vera Storia seppellita forse per sempre.
E quel che alimenta sofferenza è il perdurare dell’identità dispersa: restano frammenti appena visibili, e putacaso riaffiori qualcosa ecco che l’effimera modernità cosparge i suoi effetti. Taranto è così. Di tanto in tanto si ribella, mostra il suo valore, conferma capacità nascoste. Ricorda i suoi figli illustri ma non li celebra. Dipinge e meraviglia ma poi accantona. Perchè mai Archita, Leonida, Aristosseno, così come Paisiello, Costa, Viola, Carrieri – ma l’elenco è lungo, lunghissimo – non meritano qualcosa in più rispetto a una via, una piazza, qualche manifestazione? Perchè comprare eventi se, neanche troppi anni fa, qui se ne organizzavano ad altissimi livelli come nessuno in Puglia e dintorni? Perchè, un tempo, qui la Cultura aveva spazi mentre ora la si acquista?
Sembra proprio che qui ci sia un’altra Cultura che impera: quella dell’effimero, della passerella, del ‘panem et circenses’. Quella “dell’essere e dell’apparire” che spesso, per volontà o incapacità, si confonde. Tra un festival, una ‘capitale di qualcosa’, un rendering, un annuncio e pochi fatti.
Nascere a Taranto a volte significa tanto, molte volte è quasi una condanna. Già, in una città bella e dannata.