Se il Consiglio Comunale dà il peggio di sé…

Negli ultimi giorni la massima assemblea cittadina si è riunita per discutere temi importanti. Con toni non sempre adeguati, anzi

In questa settimana il consiglio comunale ha lavorato parecchio, non c’è che dire. Dopo il question time di alcuni giorni fa (in cui non si riuscì a votare nulla per mancanza del numero legale) si sono svolte una seduta ordinaria e anche un secondo question time per recuperare i punti non discussi.

E i temi sono stati anche importanti, a cominciare dal bilancio consolidato, uno degli atti amministrativi più importanti della vita comunale e che ha anche sancito dei cambi di formazione in maggioranza (con l’ingresso di Italia Viva e, forse, la definitiva uscita di Gianni Liviano).

Ma si è parlato anche delle BRT.

E dello stadio.

E dei Giochi del Mediterraneo.

E dell’igiene urbana.

Ah, e anche della discarica di Lizzano, fra le altre cose.

Ma non è di nessuno di questi temi che vogliamo parlare oggi. Ci sarà tempo e modo per approfondirli.

No, quello di cui ci preme parlare oggi è il clima sempre più surreale cui si assiste in aula consiliare.

Come in un talk show

Da tempo le sedute consiliari assomigliano tantissimo ai migliori (?) talk show televisivi. Il copione è pressoché sempre lo stesso, e si può riassumere così:

Presidente: [introduce il punto all’ordine del giorno]

Consigliere X: [durante l’intervento nomina un consigliere o partito dello schieramento opposto]

Consiglieri dello schieramento opposto: [urlano fuori microfono]

Presidente: [redarguisce il consigliere e lo invita a rimanere sul punto]

Consigliere X: [Intima al presidente di lasciarlo parlare]

Presidente: [afferma di non aver interrotto]

Consigliere X: [ribadisce di essere stato interrotto]

[caos generale]

Il tutto ripetuto sempre nello stesso modo anche decine di volte a seduta.

Gli interventi “per fatto personale”

E tuttavia, se in un talk show, dopo un paio di parole fuori posto il conduttore può sempre richiamare tutti al silenzio e passare ad un altro argomento, in consiglio comunale non è proprio così. Nei talk show, infatti, non esiste il diritto al cosiddetto “intervento per fatto personale”.

Ne parla il regolamento del Consiglio Comunale all’articolo 59: «Durante il Consiglio Comunale costituisce fatto personale, per il Consigliere che chiede di intervenire, l’essere stato impropriamente citato in un intervento, ricevere, in relazione a fatti ed azioni legate al proprio ruolo di Consigliere, giudizi inopportuni, il sentirsi attribuire opinioni diverse da quelle effettivamente espresse o qualunque altro riferimento personale ritenuto dal “chiamato in causa” pregiudizievole o inopportuno».

Ciò significa che qualsiasi consigliere (o assessore, e persino i dirigenti comunali presenti in aula) che senta di essere stato offeso o comunque citato impropriamente ha diritto ad intervenire per tre minuti per difendere il proprio onore.

Ora, potete immaginare facilmente quanto spesso avvengano questi interventi (e relative contro-repliche), al punto che talvolta si perde memoria di quale fosse originariamente il punto all’ordine del giorno in discussione.

Gli interventi omnibus

Gli interventi per fatto personale, tra l’altro, non sono affatto l’unica minaccia alla coerenza dell’ordine del giorno. Da tempo, infatti, si è diffuso come una vera epidemia il vizio degli “interventi omnibus”. Il principio è semplice: poco importa che si stia parlando di mobilità o di Ilva, di bilancio o di stadio; qualsiasi cosa venga in mente viene detta, se funzionale alla propria parte politica o a denigrare quella avversaria. E così si assiste ad interventi anche pregevoli, da chi cita grandi filosofi a chi ripercorre l’intera storia di come la scorsa consigliatura è finita per le dimissioni di diciassette consiglieri, che forse avrebbero dovuto essere diciotto, a chi tiene traccia di tutti i precedenti cambi di partito di un collega d’aula e glieli elenca con dovizia di particolari per evidenziarne l’incoerenza. Tutto bene, se si fosse in un talk show, per l’appunto. Non in un’aula consiliare in cui, per garantire l’ordine dei lavori, è necessario che ciascuno si attenga al punto in discussione ed esprima in merito il proprio motivato parere.

Il risultato di tutto questo, purtroppo, è fin troppo scontato: il semplice cittadino che un giorno avesse deciso di seguire il consiglio per approfondire uno specifico tema che gli sta a cuore probabilmente andrebbe via con le idee più confuse di prima.

Il fattore campo

Non bastasse il caos già sin qui descritto, a forza di parlare di stadio e di Giochi del Mediterraneo i consiglieri hanno preso l’abitudine calcistica di farsi influenzare dal “fattore campo”. Le prestazioni, insomma, sono influenzate dalla presenza di pubblico favorevole o contrario. E allora, “casualmente”, ogni qual volta in aula vi sono delegazioni di cittadini ad assistere ai lavori (è successo nelle ultime sedute con i lavoratori ex-Pasquinelli o con i rappresentanti di attiva Lizzano), gli animi si infervorano, volano parole pesanti, si travalica il buon gusto e si scade talora anche nel turpiloquio. E se si applica la tattica nel modo opportuno, magari si riesce pure a farsi richiamare dal banco di presidenza e si riesce così a passare per vittime di censura. I più fortunati magari riescono perfino a farsi espellere dall’aula e da vittime divengono veri e propri martiri.

Come avvicinarsi a questa politica?

E allora la domanda sorge spontanea: come rispondere a chi bolla la politica come qualcosa di negativo, di “sporco”, di inconcludente?

Di certo bisogna smontare l’assunto da cui parte questo post: il consiglio comunale non è un talk show. Si, è vero, la trasparenza ha imposto lo streaming, ma il suo scopo non è estrapolarne qualche clip da pochi minuti da condividere sui propri social ad uso e consumo dei propri fan-elettori. Per quello la rete ha tanto altro spazio e tantissime sono le forme espressive possibili. Questo, ovviamente, impone che in aula non solo si segua il regolamento (cosa che dovrebbe essere scontata), ma anche una certa “etichetta”, quel tanto di formalità che dovrebbe imporre, ad esempio, di non scadere nel turpiloquio (ché di parole per esprimere concetti anche negativi ce ne sono tantissime), o di non ridere mentre un consigliere fa un intervento critico sul proprio operato. Insomma, semplicemente un po’ di “serietà” in più. Almeno da parte delle persone responsabili e istituzionalmente sensibili che sicuramente sono la maggioranza dell’assemblea.

È chiedere troppo?

Author: Alessandro Greco

Docente di Italiano e Storia e giornalista pubblicista. Dal 2015 collabora con "La Vita in Cristo e nella Chiesa", fra le più autorevoli riviste italiane di liturgia, con contributi principalmente sul mondo giovanile e sulla Letteratura (con articoli tradotti all'estero). In passato ha scritto per Nuovo Dialogo e soprattutto per il CorrierediTaranto.it, per il quale è stato prima cronista sportivo e poi cronista politico, sino al 2022. Ha collaborato brevemente anche con "L'Edicola del Sud". È co-autore del documentario in dieci puntate "Taranto, la città nella città - Guida ai vicoli per tarantini distratti (e turisti curiosi)".

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