E’ riuscito a riportare i tifosi allo stadio e la squadra ai vertici. Una sfida per Taranto e con Taranto cominciata nel 2001
Se Max Allegri, Alessandro Cattelan e ora pure il ‘Corriere della Sera’ ne parlano, evidentemente Eziolino Capuano non sa proprio passare inosservato.
Essì, perchè il ‘van Gaal dei poveri’, così come si definì lui stesso un po’ di anni fa, riesce sempre a far parlare di se, in qualunque piazza operi. Figuriamoci a Taranto, ambiente mica facile e perennemente deluso, sin da quando, nel 2001, il suo rapporto con il calcio rossoblu s’interruppe bruscamente. “Prima o poi tornerò”, si lasciò sfuggire allora. Un po’ perchè si sentì tradito dalla società che prima lo ingaggiò con convinzione, dopo la sua esperienza alla Puteolana, successivamente lo esonerò sulla scorta di risultati poco brillanti.
Non mi è difficile parlarne. Capuano giunse a Taranto dopo l’esperienza sulla panchina rossoblu del compianto Sergio Buso, uomo tosto e grande conoscitore del calcio, uno dei primi a parlare di transizioni, di difesa preventiva e altro ancora.
Aveva 36 anni, Capuano, e già una lunga gavetta. A Ermanno Pieroni, azionista di maggioranza del club rossoblu (presidente però era Massimo Giove), quel giovane tecnico di Salerno, e il suo calcio, piaceva molto: una sfida per una città esigente. Quella squadra, quel Taranto fu costruito per vincere il campionato e tornare così finalmente in serie B: Monza, Di Bitonto, Marziano, soprattutto Riganò, giusto per ricordar qualche elemento della rosa.
A Norcia, sede del ritiro precampionato, Eziolino Capuano cercò subito di imporre il suo credo: tante sedute tattiche somministrate, molta voglia di approfittare di quella panchina per emergere nel calcio che conta ed ergersi al cospetto di una società e una piazza di prestigio. Ricordo, seguendone le gesta rossoblu per il ‘Corriere del Giorno’ e la ‘Gazzetta dello Sport’, in quel ritiro umbro molto caro a Pieroni, che ai suoi dava del “lei”, il capitano lo chiamava “signor Monza”: tutto normale, forse. Ma quei giocatori erano navigati e diventarne il ‘lider maximo’ non sarebbe stata una passeggiata: in qualche modo, s’annusava aria impura. Finì dopo poche giornate di campionato il feeling, e la società lo sostituì con Gianni Simonelli – l’alchimista – il quale, come tutti sanno, condusse i rossoblu sino alla finale dei playoff contro il Catania. Con l’esito amaro che tutti conosciamo.
“Mi hai esonerato sulla Gazzetta mondiale”, mi accusò garbatamente in un confronto televisivo: il suo licenziamento non era ancora ufficiale, ma ne ebbi la certezza il giorno prima e sulle pagine nazionali della ‘rosea’ ne tirai fuori un pezzo che anticipò quel che poi avvenne. Non ce l’aveva con me, semmai con la società che non s’incoraggiò per sostenerlo. In verità, la squadra dopo qualche giornata di campionato zoppicava e soprattutto Capuano preferiva al centro dell’attacco Biancolino al posto di Riganò, il pupillo di Pieroni: forse, proprio questa scelta infastidì il patron, oltre che i risultati non certo brillanti.
Lo ritrovai all’Ata Hotel di Milano nell’estate del 2002, al calciomercato: era stato ingaggiato dalla Nocerina. Mi abbracciò e chiacchierammo sul Taranto, su quel che era accaduto, su quell’amore con la città finito troppo presto o magari mai sbocciato veramente: insomma, nelle sue parole c’era quel velo d’amarezza per una occasione persa.
“Comunque a Taranto prima o poi tornerò”: e così è stato. Vulcanico, istrionico, plateale, per certi versi popolare (qualcuno direbbe populista), pirotecnico, passionale, capace di incendiare le piazze, Capuano ha un carattere certamente non facile: lo ha dimostrato in tanti anni, lo conferma ancora oggi. E’ riuscito, dopo l’annata scorsa difficilissima senza tifosi al seguito, a ridestare entusiasmo e risultati. E a far parlare nuovamente di se in tutta Italia. Applaudito da Allegri, da Cattelan e dipinto dal ‘Corriere della Sera’. Non è poco, Eziolino. Chapeau.
Foto di Paolo Occhinegro