La turbolenza politica in cui si trova la nostra città è davvero insulsa e, purtroppo, deleteria in una fase storica in cui occorrerebbe invece saggezza e capacità di decisione
Essì, ci fosse Archita! Taranto sempre più calpestata dall’arroganza e dalla presunzione di una politica che politica non è: si può davvero avere fiducia in un manipolo di personaggi che in questi ultimi mesi non hanno fatto altro che far volare stracci, attaccati alle poltrone e avidi, serrandosi ad un potere che non sanno per niente esercitare? Oddio, Taranto è abituata alla turbolenza politica: lo dice la storia, specie quella più recente o che comunque conosciamo un po’ più da vicino. Basterebbe, ad esempio, riavvolgere il nastro e ricordare quanto accaduto nei primi anni ’60, coincidenti con la posa della prima pietra dello stabilimento siderurgico, allorquando cioè per almeno tre anni i Consigli comunale e provinciale galleggiavano senza decidere niente, uno scontro tra fazioni che – come raccontava lo storico giornale ‘La Voce del Popolo’ nel ’63 (fonte ‘Un giornale, una città’ di Roberto Nistri e Elisabetta Rizzo) – non era altro che la conferma “ancora una volta che la più grave carenza di Taranto è la classe dirigente”; e ancora “una classe dirigente impari, nell’insieme, al compito di fare di Taranto una città nel senso vero e moderno della parola, sempre pronta a mascherare il proprio inerte conformismo e la visione particolaristica per non dire in qualche caso personalistica dell’amministrazione della cosa pubblica sotto vacui pretesti ‘politici’, sempre fuori fase e fuori tempo nelle valutazioni dei fatti e della situazioni”. Anche in quegli anni si parlava di “operazioni trasformistiche a getto continuo, intese a eludere la volontà popolare, a deformarla, a trasformare un orientamento nel suo opposto”. Insomma, sembra davvero leggere un articolo di cronaca politica attuale: invece, queste riflessioni sono del 1963. Si potrebbe andare avanti nel ricordare altri periodi di grandi incertezze, di manipolazioni politiche, di illusioni e roboanti cadute, e soprattutto di persone e personaggi che hanno contribuito al lento ma inesorabile degrado morale di questa nostra amata e dannata città. Non basta più aggrapparsi ai fasti della Storia, a Sparta, alla Magna Grecia: la Storia è preziosa se sappiamo coglierne la lezione. Altrimenti, è buona solo per i nostalgici. E Taranto di Storia ne ha tanta, tantissima, ultramillenaria, prestigiosa, importante: evidentemente, però, preferiamo seppellirla o al limite farne uso farlocco. Quindi, inutile. Essì, ci fosse oggi Archita! Proprio la Storia e gli storici lo dipingono come genio enciclopedico, al pari di Leonardo, Michelangelo e Galileo (così lo definiva Savero La Sorsa), uno stratega in politica e amico di Platone (salvò il grande filosofo greco dalla inimicizia con Dioniso di Siracusa), capace di amministrare il dominio di Taranto con grandi capacità e scaltro allorquando era il caso di difenderla in guerra (si dice non ne abbia persa una). Già, ci fosse Archita! E invece, qui ci si deve accontentare, ormai da troppi anni, di piccoli uomini litigiosi e atteggiosi quasi fossero ‘dei dell’Olimpo’, capaci solo d’approfittare di una cittadinanza – almeno, per la maggior parte – disinteressata e disamorata. E, purtroppo, troppe volte delusa.