Sul futuro si sa ben poco, specie sul ‘possesso’ dello stadio “Iacovone”. Per i colori rossoblu le incertezze sono abitudini…
Ormai prossimo al 31esimo anniversario dalla radiazione del Taranto FC, quindi dall’ultima serie B disputata (luglio del ’93, purtroppo indimenticabile…), il calcio rossoblu d’estate vuol dire pur sempre speranze e polemiche. Del resto, il football italico storicamente racconta di cambi d’allenatori, magari nuove gestioni societarie, soprattutto giocatori: è il sale dello sport più popolare del pianeta, vuoi che da queste parti si sfugga alla tradizione?
La storia pallonara nella città bimare poi non si fa mancare nulla ma proprio nulla. Al netto dei risultati sul campo. Già, perché qui si potrebbe narrare di fallimenti societari a go go, di veri e presunti illeciti sportivi, di pseudo-mecenati pronti a comprare la società (qualcuno addirittura sventolando l’American Express oro!), di illusioni dispensate da club e patron famosi e caritatevoli, di penalizzazioni. Insomma, il calcio rossoblu è ricco di personaggi irriverenti e deludenti e vicende a dir poco penose: basterebbe riavvolgere il nastro per capire in fretta quanto l’incertezza sia stata sempre un ‘fattore’ da queste parti. Ad esser benevoli.
Proprio l’estate di quell’anno può rappresentarsi quale apice di un calcio che non c’è più, fino ad allora – passatemi il termine – più rustico e artigianale, fatto di società gestite dall’uomo solo al comando e di bilanci un po’ sbarazzini: in ogni caso, più romantico. Diversi club furono radiati, tra questi proprio il Taranto. Perché la Federcalcio, evidentemente, intraprese una strada differente dal passato. O, forse, perché il calcio così com’era organizzato non poteva più reggere. E a Taranto fu proprio così: il compianto Donato Carelli, l’ultimo presidente della B spesso idolatrato ma molto più spesso inviso alla piazza (solo alla sua scomparsa la tifoseria ne riconobbe lo spessore umano e non solo), non aveva più le forze per salvare il Taranto da conti economici disastrosi. E la città, come ahimè accade facilmente tuttora, ferocemente puntava il dito, salvo poi versare lacrime.
E volete mettere che nella lunghissima crisi economica in quella stagione, ci furono pure incursioni per un paio di presunti illeciti? E no, perché il Taranto di Carelli affrontò anche quelli. Giusto per ricordarlo, si trattò di due gare della stagione precedente: la vittoria esterna sul Pescara già promosso ma in corsa per un posto in Mitropa Cup (sotto indagine una telefonata tra un’astrologa e l’ex tecnico degli abruzzesi, Giovanni Galeone), l’altra il successo per 1-0 a Piacenza, con rigore trasformato da Muro (fu proprio il Taranto a denunciare all’Ufficio Indagini possibili turbative). Per la storia, il Taranto conquistò lo spareggio di Ascoli con la Casertana, con tanto di vittoria e salvezza.
Da quell’estate in poi è stato un susseguirsi di vicende talvolta mortificanti, anche esaltanti, spesso e volentieri esilaranti. William Uzzi, storico medico sociale rossoblu mai dimenticato, riuscì a strappare un posto fra i Dilettanti dopo la radiazione. E, negli anni successivi, presidenti che cambiavano, triadi che gestivano, battaglie sullo stadio con l’allora on. Giancarlo Cito (ufficialmente per ristrutturare lo ‘Iacovone’ in vista dei Giochi del Mediterraneo del ’97, corsi e ricorsi…): una altalena quasi quotidiana per il pallone rossoblu. Tra illusioni e delusioni.
Inutile ripercorrere tutto: sarebbe troppo lungo e non c’è spazio né tempo. Oggi il Taranto è nuovamente a un bivio, dopo una stagione entusiasmante nonostante l’epilogo dei playoff. Il presidente Massimo Giove non è certo fra i più amati della storia, la società non è certo fra le meglio organizzate ed efficienti dell’Italia pallonara. E un cambio di proprietà, auspicato dai più, non pare essere all’orizzonte: più volte in questi anni se n’è parlato, ma mai s’è concretizzato.
La piazza non capisce, per esempio, se il tecnico Eziolino Capuano (il ‘vate’, come amabilmente in molti lo chiamano) resterà oppure andrà per altri lidi. Oppure se la squadra, o almeno gran parte di essa, verrà confermata e rinforzata per tentare la scalata alla B. Soprattutto, ma questo ce lo chiediamo davvero tutti, se il Taranto potrà per davvero contare sul suo stadio oppure, nel corso dell’annata, dovrà sloggiare per via dei lavori di ristrutturazione in vista dei Giochi del Mediterraneo del 2026 (corsi e ricorsi…).
A questo punto, c’è da chiedersi (sempre al netto del giudizio sulla gestione Giove, francamente e obiettivamente poco gradevole) se la società innanzitutto abbia le risorse economiche per tentare la promozione e, seppur con la cassaforte piena, valga la pena rischiarle senza il ‘possesso’ dello ‘Iacovone’. Insomma, quale imprenditore metterebbe a monte soldoni con queste premesse?
Ripeto: non voglio qui giustificare Giove e certi suoi comportamenti (bello sarebbe, ad esempio, conoscere la vera storia sui punti di penalizzazione nella stagione appena conclusa…). Ma un minimo di dubbi oggettivi vogliamo ammetterli?
Alla fine il pallone rotolerà ancora, sogni e illusioni s’accavalleranno. Come sempre. E la bandiera rossoblu sventolerà ancora. Speriamo bene…