Ci ha lasciati Massimo Battista. Un ricordo per un “cittadino qualunque” che aveva scelto di impegnarsi per la sua città
Era il 18 ottobre 2018 quando misi piede per la prima volta, come cronista politico del Corriere di Taranto, nell’aula del Consiglio Comunale. In quell’occasione ricordo la curiosità di alcuni consiglieri nei confronti di un aspirante giornalista così sbarbatello in mezzo agli scranni della “massima assise cittadina”, come si usa dire con un’espressione pomposa ma ricca di significato. Uno in particolare mi rivolse una domanda, che purtroppo fatico a ricordare nel dettaglio, ma che in un qualche modo voleva “indagare” i miei pensieri politici. Davanti ad una mia risposta evasiva (credevo allora e credo tutt’ora che un cronista debba il più possibile rimanere terzo) rispose con un «Amm capit, quist democristian jè».
Mi resi conto sin da subito che Massimo Battista, nell’agone del dibattito d’aula, sarebbe stato uno dei politici che più spesso mi avrebbero dato da scrivere. Fresco di passaggio al gruppo misto per insanabili contrasti con il MoVimento 5 Stelle con cui era stato eletto un anno prima (non aveva accettato la nascita del governo giallo-verde con la Lega), Battista era sempre al centro della polemica. Forti toni di denuncia nei confronti di quelle che riteneva le falle dell’amministrazione ma anche infiniti scontri “regolamentari” con l’allora presidente dell’assemblea Lucio Lonoce, che non mancava mai di redarguirlo con un indimenticabile «consigliere Battista!» che ancora mi risuona nelle orecchie.
Frequentando l’aula, però, ebbi presto modo di rendermi conto che quel consigliere “ambientalista”, come spesso è stato giornalisticamente definito (anche da me), non era affatto un urlatore o un leone da tastiera. Dietro quella verve polemica c’era, sempre, un lavoro accurato di studio dei documenti. Non potrò mai dimenticare, in questo senso, quando puntualmente, durante una pausa dei lavori o prima dell’inizio di una seduta, si avvicinava al banco della stampa per illustrarci le carte relative a qualche punto in discussione all’ordine del giorno, per anticipare qualche intervento che avrebbe fatto di lì a poco o per specificare meglio le sue ragioni su qualcosa, per essere certo che potessimo scrivere «le cose giuste».
Per nulla accomodante, non si faceva problemi a dire se qualcosa non gli era piaciuto. Ricordo ancora quando una volta, in via Di Palma, a margine di una manifestazione, mi fermò per contestarmi l’uso della parola “ambientalizzare” in un mio articolo: «l’ho cercata pure sul vocabolario, non c’è». E io lì a provare a difendere il neologismo perché mi era servito per spiegarmi meglio.
Ma altrettanto era capace, e ne ho potuto far esperienza diverse volte, di riconoscere l’onestà di chi scriveva, a prescindere che fosse in linea con le sue battaglie oppure no, perché quello che era importante era che la città sapesse cosa accadeva nei “palazzi”, per poi poter decidere autonomamente che opinione farsi.
L’ultima volta che l’avevo intervistato era stato ad aprile del 2022, quando ormai aveva annunciato la sua decisione di candidarsi a sindaco dopo la caduta della prima amministrazione Melucci. «Io non sono un ambientalista», mi disse allora, rivendicando come sempre la propria estraneità a qualsiasi etichetta. E rileggendo quell’intervista con gli occhi di oggi, credo che una frase più di tutte sintetizzasse la sua esperienza politica. Non uno slogan, non una frase altisonante, ma una lucida espressione dell’idea di un “cittadino qualsiasi” che si era ritrovato nelle istituzioni e che aveva scelto di non dare mai nulla per scontato, impegnandosi e studiando per portare avanti le proprie idee: «Io in questi quattro anni e mezzo non sono diventato il Maradona della situazione, però ho capito come funziona la macchina amministrativa».
Mancherà, uno come lui, a Palazzo di Città…